Aspromonte, 29 agosto 1862: una battaglia fatta per tutta l’Italia/Il centocinquantenario ha richiamato alla memoria un patrimonio che riguarda l’intera nazione Coloro che donarono la vita per un’unica Patria di Paolo Raffa* Da poco si sono concluse in tutt’Italia le celebrazioni per i centocinquanta anni dell’Unità nazionale. Sono vivi, quindi, in ognuno di noi, il significato di nazione, nonché la conoscenza degli eventi che hanno accompagnato la realizzazione di questo percorso: da quelli iniziali, più remoti, caratterizzati da eroiche azioni militari, ai processi politici e culturali del secolo scorso, mai peraltro conclusi. Aspetti di un cammino in continuo divenire. E’ proprio su questi avvenimenti che siamo chiamati a riflettere, tutti noi che abbiamo a cuore e amiamo il nostro paese, per trovare le ragioni ad un impegno che oggi necessariamente deve tornare ad essere alto, pregno di quei valori cui si sono ispirati i padri fondatori della nostra nazione, e tutti coloro che in essi hanno individuato la stella polare. In questi valori è possibile trovare le soluzioni ai problemi che affliggono la nostra società; tra tutti un inciso: cercare i nostri diritti dentro i nostri doveri (Giuseppe Mazzini). Affrontare temi legati alla storia, a gesta eroiche, a periodi che nell’immaginario collettivo per definizione hanno assunto significato di grandezza - il Rinascimento, il Risorgimento, La Resistenza, la Liberazione - spesso ci porta a parlare di fatti, si importanti, ma che ai più oggi, purtroppo, risultano astratti dalla realtà di ogni giorno, retorici, senza più alcun significato. Ha torto o ha ragione a pensare in questi termini il potenziale disoccupato dell’ILVA di Taranto o il pensionato metalmeccanico di Milano che con la sua pensione sociale non riesce ad arrivare al venti del mese oppure il laureato di Palermo che a trentacinque anni, a dieci anni dalla laurea, ancora non ha avuto la possibilità di entrare nel mondo del lavoro? Noi crediamo che non c’è torto e non c’è ragione, crediamo, invece, che lo stato con i suoi apparati e con esso la politica, nonché la cosiddetta società civile tutta, siano chiamati a recuperare, ridefinendolo, ognuno per la propria parte - lo stato Italia - e il suo ruolo all’interno degli Stati Uniti d’Europa. In quest’ottica, formando nuovamente le coscienze, anche una battaglia del nostro risorgimento, evocandola, può assumere forte significato "pratico". Solo così, infatti, quella battaglia del XXIX Agosto 1862, ricordata oggi, assumerà valore fondante per il nostro paese, per i reggini, per i calabresi e per l’intera nazione; oggi, così come tra cinquanta o cento anni. Garibaldi Giuseppe Garibaldi, abile e intraprendente militare, animato da ideali patriottici, a due anni dalla spedizione dei mille, nel giugno del 1862 decise, in piena autonomia e contro la volontà dei Savoia: "o Roma o morte"; anelando il compimento dell’unità d’Italia, soffrendo in particolar modo la resistenza dello stato vaticano e l’ingerenza dello stato francese. Italiani contro italiani, l’un contro l’altro armati, storie d’altri tempi con un unico comune denominatore: la patria. Nella cultura odierna del nostro paese, forse non rientra più il gesto eroico, sicuramente non esiste per il raggiungimento di un fattore ideale. Altri sono gli eroi, regolati dal dio denaro, dalla vacuità, dall’effimero. Occorre fermarsi a leggere, riflettendo, quelle pagine di storia. Giovani, non eroi, pronti immolarsi per qualcosa di ideale. Poi diventò gloria. Si, perché è improbabile che quei giovani a quel tempo cercassero la gloria, più verosimilmente lottavano per la libertà! Per loro, le loro famiglie, i loro figli, il loro futuro! Quella libertà conquistata al prezzo stesso della vita e che oggi, forse, noi - i loro figli - abbiamo consegnato o stiamo consegnando senza proferire parola, ai nuovi padroni del mondo, alle mafie, agli speculatori finanziari, ai potentati economici, ai mercanti di illegalità. Alla spregiudicatezza dei nuovi colonizzatori! Casa comune Indebolendo lo stato con il nostro mancato senso dello stato stesso, colpevolmente concorriamo al picconamento della casa comune. Servono atti eroici dunque? Niente affatto! O forse sì, se per atto eroico oggi s’intende avere forte il senso del dovere, sul lavoro, in famiglia, da semplice cittadino, da amministratore, da politico o da professionista. E’ questo che forse è venuto meno alle generazioni più giovani, colpevolmente lasciate sole dalle istituzioni, ma che niente o poco hanno fatto per "sognare" la loro libertà, il loro futuro, in una patria, unica, forte ed indissolubile. E’ auspicabile, quindi, che oggi non accada ciò che avvenne dopo le celebrazioni dei primi cinquant’anni e dopo quelle dei cento anni dall’unità d’Italia, quando i governi e la società del tempo, per ragioni legate al conflitto bellico del 1915-1918 con la successiva venuta del fascismo prima, e alla distrazione dovuta al benessere derivato dal boom economico poi, poco si curarono di quanta efficacia potessero avere gli aspetti valoriali nella formazione delle nuove generazioni, li lasciarono in balia rispettivamente delle contraddizioni di una dittatura falsa e tendenziosa e di una democrazia sulla carta non proprio matura. Oggi non è più tempo di dimenticare, non possiamo non ricordare noi italiani, ma in particolar modo non possiamo non ricordare noi reggini - noi repubblicani - che il nostro risorgimento lo abbiamo vissuto versando sangue e giovani vite, iniziando prima di altri a sventolare la bandiera della libertà in un altro 29 Agosto, quello del 1847, quindici anni prima del ferimento di Garibaldi, e sempre in Aspromonte in quel Santo Stefano dove i fratelli Romeo diedero avvio a quei moti del ‘47 che con dirompente effetto a catena si svilupparono poi, nel 1848, in Italia e in Europa. Molti sono stati i martiri in quel ‘47, come quelli di Gerace che, giovani animati e spinti dal vento della libertà, sull’esempio di altri italiani venuti da lontano (fratelli Bandiera 1844) hanno agito noncuranti del pericolo, immolandosi per gli ideali di libertà, agognando uno stato libero, liberale e democratico. A quei giovani lo dobbiamo, ad essi che hanno iniziato, ai tanti garibaldini calabresi che poi hanno reso possibile il sogno. Ecco perché il XXIX Agosto assume una connotazione di fondamentale importanza, una data che deve servire più all’agire che al non dimenticare. Ma se ai calabresi e agli italiani non sarà consentito distrarsi, men che meno, però, è concesso non curarsi alle istituzioni. Questa volta assenti non lo dovranno essere. Ora e per i decenni a venire. Troppo alto è il valore della loro presenza nella formazione delle nuove coscienze. Memoria e riflessione Bene il Capo dello Stato Giorgio Napolitano, quando parla della "memoria e della riflessione" quali strumenti "preziosi" per restituire agli italiani "orgoglio e fiducia e per suscitare le risposte collettive di cui c’è più bisogno". Napolitano che cita Giuseppe Mazzini e la sua celebre frase "Non quattro, cinque, tre Italie, ma una sola", spiegando che "le vicende risorgimentali sono un orgoglio per gli italiani". Faccia riflettere l’attualità del pensiero di Mazzini, a 140 anni dalla sua morte; l’impegno di una vita spesa a favore di un ideale: una nazione libera, laica e repubblicana, in pace con i popoli della terra, senza né vincitori né vinti, nel rispetto della persona come valore assoluto e con un unico Dio. Portino le istituzioni, quindi, questa voce nelle scuole, nei luoghi di formazione, negli spazi di informazione, nelle sedi dell’agire politico, nelle sedi amministrative; si torni all’educazione civica nelle scuole e alla storia del risorgimento come valore fondante delle nuove coscienze. Forti per il PRI sono stati e sono questi valori, e i repubblicani di Calabria alto ne hanno portato il vessillo; verso questi ideali si sono indirizzati uomini che in periodi diversi, e con ruoli diversi, hanno speso la loro esistenza per contribuire al miglioramento di questo territorio, dalla parte dei più deboli, dei meno abbienti. Francesco Antonio Leuzzi ne è stato formalmente l’iniziatore, colui che nel lontano 1917 diede vita al 1° congresso del Partito Repubblicano Italiano in Calabria, lui, che qualche anno prima era stato il fondatore in Delianuova del circolo repubblicano "XXIX Agosto", che avrebbe voluto far svolgere il congresso proprio nella stessa data che dava il nome al circolo; circostanza temporale che, per ragioni organizzative, si realizzò poi nell’ottobre dello stesso anno a Reggio Calabria. Un Repubblicano vero, innamorato della sua terra, uomo libero e portatore di ideali di libertà, a tal punto che, brillante chirurgo e docente universitario a Napoli, per non giurare fedeltà al fascismo venne rimosso dai suoi incarichi, come anni prima era capitato a Giuseppe Mazzini che, eletto in regolari elezioni politiche nel collegio di Messina, per non giurare fedeltà allo statuto rinunciò a sedere nel consiglio fiorentino dei cinquecento. Stessa sorte toccò anche a Francesco Perri, nato a Careri, politico, studioso e letterato, direttore della "Voce Repubblicana" che, durante il ventennio fascista venne rimosso dall’amministrazione statale per aver voluto mantenere la sua libertà, non giurando fedeltà ai Savoia ed al regime. E poi come non ricordare l’opera e il lavoro di Gaetano Sardiello e di Emanuele Terrana che, pur non imbracciando il fucile, con il loro impegno parlamentare sempre si sono adoperati per la libertà delle popolazioni locali: libertà dalla dipendenza per un posto di lavoro, libertà dai bisogni (tali perché insoddisfatti) di quegli aspetti sui cui si deve fondare un paese civile, aspetti a cui purtroppo, ancora oggi, lo stato non riesce a dare concretezza, in particolar modo per la nostra gente: sanità, istruzione, legalità, politiche sociali ed economiche, ammodernamento infrastrutturale e sviluppo più in generale del territorio. XXIX Agosto. REPUBBLICANI raccogliamoci! Nel rispetto e nel ricordo di quei dodici soldati che quel giorno di 150 anni fa persero la vita su questo campo di battaglia, su due fronti diversi ma per servire un’unica patria. Raccogliamoci nella consapevolezza di ciò che quella battaglia rappresenta ancora oggi, nel segno convinto di un agire al servizio della gente, così come abbiamo appreso dai nostri modelli ideali di riferimento, consapevoli del ruolo cui oggi quei modelli sono chiamati nuovamente a rispondere. *Segretario provinciale Pri Reggio Calabria |